Un sistema articolato di tre piazze, l’ampia ansa del Bacchiglione che circonda l’area centrale dell’insula di epoca romana, il Bo’ o Università, i tavolini del Pedrocchi, la cappella degli Scrovegni, gli Eremitani, S. Sofia e la sua abside “bizantina”: il cuore storico e il centro moderno della città sono racchiusi entro un moderato raggio dal tetto a carena di nave del palazzo della Ragione, un concentrato dei mille volti e della vivacità culturale della città.
I banchi della frutta e della verdura animano ancora l’antica area dei commerci di piazza delle Erbe, definita a est dal retro a bugnato del palazzo Comunale o del Podestà (oggi sede municipale) di origini duecentesche, ma rifatto a metà ’500 e ampliato nel 1904. Scale cinquecentesche conducono all’interno del [B]palazzo della Ragione[/B], detto anche “il Salone” in riferimento alla grande aula del piano nobile, solenne edificio a pianta
quadrilatera eretto nel 1218-19 come sede del tribunale, e ampliato nel 1306-1309 con il loggiato e l’inconfondibile tetto. La grandiosa sala, in cui spicca il famoso cavallo in legno quattrocentesco, sfoggia uno dei più vasti cicli
astrologici al mondo, eseguito nel terzo decennio del ’400 sullo schema dei preesistenti affreschi giotteschi, distrutti da un incendio.
Sulla adiacente piazza dei Signori prospettano la seicentesca chiesa di S. Clemente e l’elegante loggia del Consiglio o della Gran Guardia (1496-1553); sul fondo si
erge il palazzo del Capitanio (1605), la cui facciata incorpora l’arco trionfale con l’orologio più antico d’Italia (1344, rifatto nel 1437). Al di là dell’arco si apre la corte Capitaniato, dove nel 1937-39 Giò Ponti
progettò il Liviano, la nuova sede della Facoltà di Lettere e Filosofia: lo scalone seicentesco conduce nella sala dei Giganti decorata da affreschi del ’500; annesso al
dipartimento di Archeologia è il Museo di Scienze archeologiche e d’Arte con pezzi antichi e rinascimentali, tra cui modelli di Donatello e di Bartolomeo Ammannati.
Nella vicina piazza del Duomo, chiusa da un fianco del palazzo del Monte di Pietà (1531-35) e dal Palazzo Vescovile, si impone per la grandiosa mole la chiesa dedicata a santa Maria Assunta, la cui fabbrica attuale risale a metà ’500, su disegno di Michelangelo interpretato in realtà assai liberamente. L’edificio ha facciata incompiuta e un interno maestoso nella sua nudità; nella sagrestia dei Canonici, tele dei Bassano, di Paris Bordon, Jacopo da Montagnana, Giandomenico Tiepolo
e altri si accompagnano a una Madonna di Giusto de’ Menabuoi e a una serie di tavolette trecentesche. Quando nel 1378 la costruzione romanica del Battistero (XII secolo) fu promossa a mausoleo dei Carraresi, le pareti
interne furono decorate da un eccezionale ciclo di affreschi di Giusto de’ Menabuoi, gioiello del ’300 italiano: il Paradiso, Episodi della Genesi, Episodi della vita di san Giovanni Battista, di Maria e di Cristo, la
grande Crocifissione. Lungo i portici di via Patriarcato si oltrepassa la facciata settecentesca della chiesa di S. Pietro, sorta durante il IX secolo, e prima che via Dante
termini presso la porta Molino, via S. Fermo aggira gli isolati novecenteschi di piazza Insurrezione. Nei pressi spicca la settecentesca chiesa di S. Lucia o dell’Adorazione Perpetua, dall’armonioso interno animato da statue e abbellito da tele di Giacomo Ceruti e di Giambattista Tiepolo.
Accanto è la Scuola di S. Rocco (secoli XVXVI), decorata da affreschi con episodi della vita di san Rocco eseguiti verso il 1537 da Domenico Campagnola, Girolamo del Santo e
Gualtiero Padovano.
Da qui si raggiunge in breve l’animata piazza Cavour su cui il neoclassico [B]caffè Pedrocchi[/B] (1831) è una
pausa irrinunciabile nella visita della città:
letterati e intellettuali che si incontravano nel famoso “caffè senza porte”, aperto anche tutta la notte, ne fecero l’incontrastato teatro della più vivace vita patavina.
Poco lontano spicca l’Università, detta [B]il Bo’[/B] dal nome della locanda che qui sorgeva, la cui insegna era un
bue, in veneto bo’. Fondata nel 1222 e frequentata da studenti e docenti insigni (conserva la cattedra di Galileo Galilei), è considerata la culla della medicina moderna; dal cortile cinquecentesco ornato di stemmi si
accede al piano superiore, dove si dispongono ambienti storici di rappresentanza e di studio: da non perdere il Teatro anatomico.
Sulla riva opposta del Bacchiglione, già fuori dal nucleo storico, il [B]complesso dei Carmini[/B], o di S. Maria del Carmine, documentato dal 1212 e ricostruito a fine ’400, è stato il secolare fulcro del borgo Molino, a nord delle mura cittadine. Ai danni subiti durante il primo
conflitto mondiale sono scampate la sagrestia e la vicina Scuola del Carmine, decorata da affreschi di Domenico e Giulio Campagnola, Girolamo del Santo e altri (XVI secolo).
A due passi, nel giardino pubblico dell’Arena, che trae nome dai pochi resti dell’anfiteatro romano del I secolo, spicca la [B]cappella degli Scrovegni[/B], fatta costruire in semplici forme romanico-gotiche nel 1303-1305 da Enrico
Scrovegni in suffragio dell’anima del padre, famoso usuraio citato anche da Dante nella Commedia. Giotto la affrescò con un ciclo di 38 episodi del Nuovo Testamento, di eccezionale importanza dal punto di vista stilistico: realismo innovativo, composizione monumentale, rappresentazione sintetica, solido plasticismo e commossa drammaticità ne fanno un unicum della storia dell’arte.
Nello zoccolo delle pareti, le sette Virtù (destra) e i sette Vizi capitali (sinistra); alla parete d’ingresso, Giudizio universale; all’altare Madonna e due angeli, statue di Giovanni Pisano; nelle nicchie dell’abside,
Madonne allattanti di Giusto de’ Menabuoi; dietro l’altare, sepolcro di Enrico Scrovegni.
Nell’antico [B]convento degli Eremitani[/B], sul lato sud della chiesa, hanno sede i Musei civici che comprendono: il Museo archeologico; il Museo Bottacin, con dipinti e sculture del XIX secolo e una preziosa raccolta numismatica; la raccolta dei bronzetti e delle placchette, con opere dei secoli XIV-XVII; la raccolta di ceramiche e vetri; la raccolta di incisioni e stampe; la ricca Quadreria Emo Capodilista, con dipinti veneti e fiamminghi
(Scene mitologiche di Tiziano, Leda e il cigno di Giorgione, Giovane senatore di Giovanni Bellini) e la Pinacoteca, con artisti di scuola veneta dei secoli XIV-XVIII: Giotto (Cristo in Croce), Guariento, Boccaccio Boccaccino, Alvise Vivarini, Jacopo Bellini, Bordon, Paolo
Veronese (Martirio dei santi Primo e Feliciano),Jacopo Tintoretto (Cena in casa di Simone),Tiepolo, Palma il Giovane e altri.
La [B]chiesa degli Eremitani[/B] (276-1306),dedicata ai santi Filippo e Giacomo, è il risultato di un rifacimento imposto dal bombardamento del 1944. Nell’interno a unica
navata i sepolcri e le sculture del ’300 e del ’500 passano quasi inosservati di fronte ai resti degli affreschi della cappella Ovetari o dei Ss. Giacomo e Cristoforo, capolavoro di Andrea Mantegna, Antonio Vivarini e altri (1448-55).
In prossimità del quadrivio in fondo a via Altinate emerge [B]S. Sofia[/B], la chiesa più antica di Padova: forse di epoca carolingia, fu rifatta nei secoli XI-XII e rimaneggiata in seguito. L’abside è formata dalla
sovrapposizione di tre ordini di arcate e l’interno romanico-gotico a tre navate è caratterizzato da un singolare deambulatorio di gusto bizantino.