Terra dal cuore antico, dagli inesplorati paesaggi solitari e dai mille segreti. Terra da scoprire in compagnia di un tiepido sole novembrino.
Vasti prati e poi pascoli, boschi, conche e valli profonde, rocce erose dall’acqua, grotte preistoriche e doline, il grande altopiano della Lessinia, nel veronese, è un territorio di oltre 10.000 ettari tutelato dal 1990 con l’istituzione del Parco Naturale Regionale. Un ambiente emozionante da vivere anche in autunno, accompagnati nelle passeggiate dal tiepido sole novembrino che illumina lo spettacolare foliage, quando il verde intenso delle chiome degli alberi diventa via via giallo, arancione e rosso per sfumare infine nei toni del ruggine.
Anche i paesaggi sono vari e passano dagli ambienti tipici della pianura padana a quelli alpini, mentre nella bassa collina si incontrano oliveti, vigneti, ciliegi e castagni. Più su diventano di pietra con rocce di origine sedimentaria e vulcanica, un enorme patrimonio geologico, preistorico ed etnografico. Un ‘tesoro’ in cui immergersi grazie a numerosi itinerari escursionistici il più conosciuto dei quali è quello che porta al Ponte di Veja, in Valpantena, a circa venticinque chilometri da Verona e ad un’altitudine di 600 metri.
Questo ‘gigante di pietra’, che unisce la sommità di due colli, ha dimensioni eccezionali: largo circa 17 metri, spesso quasi 10, la campata di oltre 50, e con un’altezza di una trentina di metri rispetto al greto del sottostante torrente. Architettura assolutamente naturale – qui l’uomo per fortuna non ci ha messo le mani – il ponte altro non è che l’architrave d’ingresso di un’antica caverna carsica il cui interno è crollato in epoca preistorica (presumibilmente 100.000 anni fa). Sotto i resti del crollo altre due caverne carsiche, dove sono state rinvenute reperti del Paleolitico Medio e Inferiore. Se il sito riveste una grande importanza dal punto di visto archeologico, anche la leggenda vuole la sua parte: pare che il ponte sia stato visitato dal Sommo Poeta che qui trasse ispirazione per descrivere le Malebolge del suo Inferno. E così pure il Mantegna, artista rinascimentale, prese spunto dall’arcata per l’invenzione dello sfondo di un affresco della celebre Camera degli Sposi del Palazzo Ducale di Mantova.